Una pila di banconote di varie valute

Trend

Il reddito di base e la trasformazione del lavoro

Tempo di lettura:  6 Minuti

Dieci esperti si sono chiesti cosa cambierebbe nel mondo del lavoro se iniziassimo tutti a ricevere un reddito di base garantito. Leggi le loro diversissime conclusioni

 

A partire dal prossimo mese riceverai 1.000 euro garantiti senza aver fatto niente. Per il momento è ancora un’ipotesi, ma se diventasse realtà, tu cosa faresti? Lasceresti il lavoro? Ti lanceresti in una nuova avventura commerciale? Ti dedicheresti a tempo pieno alla tua vera passione: viaggiare? Non possiamo escludere che il reddito minimo universale possa essere introdotto in un futuro imprecisato. Quindi, è possibile che un giorno ti troverai a farti davvero queste domande.

Se pensi che il concetto di reddito minimo universale (ricordiamolo per chiarezza: un importo mensile garantito fornito a tutti i cittadini dal governo) sia una trovata degli ultimi anni, sappi che ti stai sbagliando di grosso. Martin Luther King e Milton Friedman, l’economista conservatore, sono solo due dei suoi grandi, storici sostenitori. È vero però che negli ultimi anni alcune città del mondo sono passate dalla teoria alla pratica. A nomi del calibro di Elon Musk, Mark Zuckerberg e Angus Deaton, economista vincitore del Nobel, l’idea piace, eccome.

Sembra scontato dire che l’impatto sulla società sarebbe enorme, ma quale sarebbe l’impatto sul mondo del lavoro? Ecco cosa dicono gli esperti.

1. La rinascita della forza lavoro

Sei così sicuro che getteresti subito la spugna sul lavoro se dovessi ricevere un reddito garantito? Se fossi in te non ci giurerei. Jim Pugh, cofondatore dell’Universal Income Project, sostiene che molti studi hanno dimostrato che il numero di persone che lascia il lavoro dopo aver ricevuto il reddito di base è veramente esiguo. E spiega nel suo articolo su The Guardian(1): "Alcuni esperimenti hanno persino dimostrato che il reddito di base stimola lo spirito imprenditoriale, che, a sua volta, porta a un aumento dei posti di lavoro. Può sembrare strano ma la maggior parte delle persone vuole offrire il proprio contributo alla società. Se diamo loro una sicurezza finanziaria di base, sono certo che troveranno un modo per farlo". Ti sembra tutto troppo ottimistico?

2. Produttività ai massimi livelli

C’è dell’altro: la certezza di avere un reddito fisso può renderci più felici e più produttivi durante l’orario lavorativo. "Questa libertà ritrovata, a cui le persone avranno tempo per abituarsi, potrebbe essere la fonte di una lunga serie di cambiamenti positivi", afferma Chris Agnos(2), fondatore di Sustainable Human, una community online che riunisce milioni di persone interessate alle problematiche della sostenibilità. "I datori di lavoro, ad esempio, non potrebbero più approfittare dell’ansia di sopravvivenza dei loro dipendenti perché la mancanza di lavoro non li farebbe più finire in mezzo alla strada. D’altro canto, i lavoratori richiederanno un’esperienza lavorativa più dinamica e di qualità superiore".

Chris Agnos, ma non è l’unico a pensarlo, è convinto che se le persone avessero la possibilità di svolgere i lavori che amano, sicuramente li farebbero con maggiore passione. E continua: "Secondo un recente sondaggio, ben il 70% delle persone odia il lavoro che svolge. Questo significa che il 70% della popolazione vorrebbe fare qualcosa di diverso da quello che sta facendo attualmente. Tutto questo è causa di un’infelicità cronica". Forse è arrivato il momento di cambiare rotta.

3. La carica degli imprenditori

Le buone idee, spesso, non nascono in un lampo, ma hanno bisogno di tempo, tempo che non è mai abbastanza quando si è intrappolati nella routine quotidiana delle otto ore lavorative. È proprio su questa considerazione che poggia l’idea secondo cui un reddito di base, o reddito di cittadinanza, permetterebbe alle persone di seguire opportunità caratterizzate da un livello maggiore di imprenditorialità. Anche la storia sembra suffragare questa idea. Evelyn Forget, economista dell’Università del Manitoba in Canada, nel corso di un dibattito su Freakonomics Radio(3), ha evidenziato che nel XVIII e nel XIX secolo alcuni dei più grandi avanzamenti culturali e scientifici sono stati promossi da persone che, appunto, non lavoravano. Forget spiega: "Erano dei gentiluomini del tempo libero. Non credo che queste persone si sentissero inutili e non credo neppure che il loro contributo fosse trascurabile".

4. Ritorno al lavoro

Il reddito minimo universale promuove la creazione di posti di lavoro. Sono in molti a crederlo. Ad esempio, il Dr Malcom Torry, direttore del Citizen’s Basic Income Trust, che scrive su The Guardian(4) riguardo alla situazione nel Regno Unito: "Il sistema di sussidi vigente non aiuta a creare alcun posto di lavoro poiché tante famiglie non dispongono di pressoché nessun reddito aggiuntivo se guadagnano di più. Il reddito minimo universale permetterebbe di eliminare i sussidi legati al reddito, riducendo quindi i tassi di deduzione sul reddito guadagnato delle famiglie. Il sistema attuale di sussidi lavorativi funziona come sussidio significativo agli stipendi perché i crediti d’imposta e il credito universale salgono se gli stipendi si abbassano. Con il reddito di base questo non sarebbe possibile, per questo non avrebbe l’effetto di un sussidio".

5. Giovani più preparati

C’è chi sostiene che anche il livello di istruzione della forza lavoro potrebbe aumentare grazie al reddito minimo universale. Vediamo come. "Negli anni Sessanta e Settanta sia gli Stati Uniti sia il Canada stavano seriamente valutando la possibilità di introdurre il reddito minimo universale", afferma Joel Dodge in un articolo per Quartz(5). In quel periodo, in effetti, i governi statunitense e canadese avevano commissionato una serie di esperimenti con l’obiettivo di studiare gli effetti, soprattutto sul lavoro, di un reddito garantito. Tra i tanti risultati, ne emerse uno in particolare, ovvero quello sui giovani. Dodge spiega: "Gli adolescenti abbandonarono i lavori part-time per concentrarsi sullo studio. Questo portò a una notevole riduzione dei tassi di abbandono della scuola superiore nella città canadese di Dauphin e a un aumento a due cifre nella percentuale di completamento della scuola superiore tra le famiglie partecipanti nel New Jersey, a Seattle e a Denver". Questi dati lasciano ben sperare.

6. Una transizione graduale

Secondo Shanta Devarajan, senior director per l’economia di sviluppo (DEC) della Banca Mondiale(6), gli avanzamenti in termini di intelligenza artificiale, robotica e altre tecnologie stanno mettendo in dubbio il futuro del lavoro. Alcune tecnologie, come, ad esempio, i camion a guida autonoma, faranno perdere il lavoro a tantissime persone. Devarajan vede nel reddito minimo universale un modo per aiutare la società a gestire questo periodo di transizione. "Un sistema in cui parte dell’aumento della produttività è tassato e ridistribuito sotto forma di denaro a tutti i cittadini, impiegati o disoccupati, potrebbe contribuire a risolvere alcune delle tensioni che inevitabilmente si creeranno".

7. Un nuovo significato al lavoro

Clare Ozich, executive director dell’Australian Institute of Employment Rights(7), afferma che la nostra società beneficia di tantissimi lavori che spesso non ricevono alcun tipo di retribuzione. "Il dibattito sul reddito minimo universale ci costringe ad analizzare il significato che diamo al lavoro e il valore che attribuiamo a ogni forma di lavoro".

"Chi è contrario al reddito minimo universale sostiene che sia sbagliato dare qualcosa per niente. Per niente? Crediamo davvero che diamo il nostro contributo alla società solo attraverso il lavoro retribuito? Fare i genitori e crescere i figli, fare del volontariato e cercare di proteggere qualcosa, non sono tutte forme di lavoro che aiutano la nostra società in qualche modo? Il problema è che spesso diamo più importanza allo status professionale, e di conseguenza alla busta paga, rispetto a tutti quei progetti extra-lavorativi a cui ci dedichiamo", aggiunge Clare Ozich.

 

L’altra faccia della medaglia

8. Una società allo sbando

Ian Goldin, professore di globalizzazione e sviluppo all’Università di Oxford, è di tutt’altra opinione e scrive sul Financial Times(8): "Il reddito minimo universale potrebbe minare la coesione sociale. Nessuna società degna di definirsi tale dovrebbe tollerare la povertà estrema o la fame. Ma nelle società in cui questi problemi sono stati superati, qualsiasi tipo di aiuto fornito deve mirare a fare in modo che singoli e famiglie partecipino alla vita sociale, trovino lavoro, possano formarsi e trasferirsi in altre città. Le reti di sicurezza dovrebbero essere un appiglio da cui ricominciare, non una garanzia da cui dipendere a vita".

E continua: "Separare due concetti complementari come lavoro e reddito, premiando le persone per restare a casa, è il primo passo verso il degrado sociale. Non bisogna dimenticare, e ne abbiamo la prova nella pandemia di droga che sta imperversando negli Stati Uniti, che il crimine, l’abuso di droghe, la distruzione delle famiglie e altri fenomeni di smembramento del tessuto sociale proliferano nelle aree caratterizzate da un livello elevato di disoccupazione". Le parole di Goldin pesano come macigni.

9. Stipendi più bassi, o no?

E se l’introduzione di un reddito garantito portasse a una riduzione degli stipendi? L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD) ritiene che questo possa accadere. In un report del 2017(9) sottolinea: "Il reddito di base potrebbe alterare l’equilibrio nelle negoziazioni dello stipendio e potrebbe spingere i datori di lavoro a ridurre gli stipendi in risposta". Lo stesso report però evidenzia che il reddito minimo universale, offrendo ai lavoratori una "outside option" migliore che li metterebbe nelle condizioni di rifiutare un impiego pagato poco, potrebbe contribuire a garantire una remunerazione adeguata.

10. La punta dell’iceberg

"La premessa della fine del lavoro su cui si basa il reddito minimo universale è profondamente sbagliata". Queste sono le parole di Sonia Sodha, editorialista dell’Observer(10). Secondo Sodha, infatti, "La deindustrializzazione degli ultimi decenni ci ha insegnato che non dobbiamo prepararci a dare denaro a coloro per cui non ci sarà alcun tipo di lavoro, ma che dobbiamo essere pronti a investire nella formazione necessaria a far sì che le persone possano imparare nuovi lavori quando i loro lavori precedenti non esisteranno più".

E continua: "Non dobbiamo lottare per un futuro in cui una grande fetta della popolazione è destinata a vivere facendo affidamento su scarni aiuti statali, ma per una società in cui tutti hanno diritto a un lavoro retribuito in maniera dignitosa che offra autonomia e soddisfazione. Nella migliore delle ipotesi, il reddito minimo universale è una deviazione pericolosa dal vero problema, ovvero il miglioramento della qualità del lavoro". E tu da che parte stai?

 


Fonti:

(1) https://www.theguardian.com/cities/2018/jun/27/benefit-or-burden-the-cities-trying-out-universal-basic-income

(2) https://upliftconnect.com/universal-basic-income/

(3) http://freakonomics.com/podcast/mincome/

(4) https://www.theguardian.com/business/2017/feb/03/universal-basic-income-can-help-battle-inequality

(5) https://qz.com/765902/ubi-wouldnt-mean-everyone-quits-working/

(6) https://www.brookings.edu/blog/future-development/2017/02/15/three-reasons-for-universal-basic-income/

(7) https://www.greeninstitute.org.au/wp-content/uploads/2016/12/Less_Work_More_Fair_WEB_BM.pdf

(8) https://www.ft.com/content/100137b4-0cdf-11e8-bacb-2958fde95e5e

(9) http://www.oecd.org/social/soc/Basic-Income-Policy-Option-2017.pdf

(10) https://www.theguardian.com/commentisfree/2017/jul/10/mark-zuckerberg-universal-basic-income-facebook-tax