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Voci

Talento senza confini: il mondo nuovo

Tempo di lettura:  4 Minuti

Non è assurdo che i confini impediscano ancora oggi di assumere le persone giuste? È arrivato il momento di adottare un approccio più flessibile al mondo del lavoro. Matthew Gwyther docet

 

Il talento è più mobile che mai. È un dato di fatto. Nonostante rappresentino solo il 13% circa della popolazione, i migranti oggi aprono più di un quarto di nuove aziende negli Stati Uniti(1). Nella Silicon Valley, il 57% dei ruoli più pagati e più prestigiosi è ricoperto da persone nate al di fuori degli Stati Uniti. Eh sì, è proprio vero.

Basta fare un giretto sulla Silicon Roundabout di Londra per rendersi conto del melting pot di diverse nazionalità che è oggi la scena tecnologica britannica. Solo Facebook ha ben 65 nazionalità rappresentate nella sua forza lavoro di Londra!

Detto questo, ormai i segni che la straordinaria ondata di globalizzazione a cui abbiamo assistito sta giungendo al termine sono sotto gli occhi di tutti. I ponti che colmavano le distanze tra i Paesi iniziano a traballare pericolosamente. All’orizzonte appare una nuova ondata, questa volta non di globalizzazione, ma di nazionalismo e protezionismo, richiesta a gran voce da vari gruppi di pressione: metalmeccanici disoccupati della Rust Belt negli Stati Uniti, pescatori nel Regno Unito o altri altrove.

Purtroppo questo non ha effetti solo sul passaggio di beni e servizi, ma, soprattutto, sulla possibilità delle persone, ovvero del capitale umano, di muoversi liberamente.

Tutto questo avrà delle terribili conseguenze. Un esempio su tutti: alle persone che vorrai assumere nella tua azienda, i talenti che sono la vera linfa vitale della maggior parte delle aziende, potrebbe non essere possibile vivere o lavorare in prossimità del tuo ufficio o, persino, nel tuo Paese.

A febbraio di quest’anno, la Gran Bretagna ha raggiunto per il terzo mese di fila (senza precedenti finora) il limite fissato per i visti destinati ai lavoratori specializzati non europei. Questo acuisce la crisi del personale che il servizio sanitario nazionale e altri datori di lavoro fondamentali stanno affrontando. Quando la quota mensile è stata raggiunta a dicembre e gennaio per la prima volta in sette anni, gli avvocati esperti di immigrazione hanno creduto, o voluto credere, che si fosse trattato di un piccolo incidente di percorso, ma ora temono, a ragione, che si stia trasformando in un problema di lunga durata.

Flessibilità, anche negli incentivi

Ma possiamo ancora fare qualcosa? Questa ondata di protezionismo obbliga le aziende a ripensare il modo in cui collocano il personale nei vari continenti. Il mondo del lavoro è già molto più fluido di com’era due decenni fa, è vero. Ma oggi deve esserlo ancora di più.

È necessario abituarsi, come già stanno facendo tantissimi Millennials, alla gig economy che si sta sviluppando. Per chi non lo sapesse la gig economy è un modello economico in cui si lavora solo ed esclusivamente on demand. Oggi la flessibilità non è più considerata una disgrazia, ma una possibilità e un incentivo per offrire ai talenti quel tipo di felicità che desiderano.

La Silicon Roundabout di Londra

La Silicon Roundabout di Londra è il luogo in cui nasce e si sviluppa la scena tecnologica del Regno Unito

 

Secondo un recente studio condotto dai reclutatori di PageGroup(2) i Millennials (sì, sempre loro) si aspettano che il lavoro flessibile sia offerto di norma e non come benefit aggiuntivo. Quando è stato chiesto loro quali benefit vorrebbero che fossero offerti nei prossimi cinque anni, la risposta più gettonata è stata "tempo flessibile" (67%), seguito a ruota da "posto flessibile" (57%) e settimana di lavoro compressa (54%). Anche time in lieu (49%) e anno sabbatico (41%) si sono posizionate bene. Innumerevoli studi mostrano che le donne, e, manco a dirlo, soprattutto quelle con bambini piccoli, sono più propense a preferire la possibilità di lavorare flessibilmente a un aumento in busta paga.

Nella guerra per aggiudicarsi i talenti migliori, che potresti perdere a causa della riduzione della mobilità trans-frontaliera, la tua arma vincente potrebbe essere la flessibilità. L’indimenticato Steve Jobs di Apple ha riassunto l’importanza dei talenti con poche parole, ma di effetto: "Cercate la crème de la crème. Un piccolo team di fuoriclasse può fare le scarpe a un team gigante di giocatori di serie B e C". Un po’ come Davide e Golia. Jim Collins, guru del management, è totalmente d’accordo: "L’unico vero limite al successo della mia organizzazione è la capacità di raggiungere e trattenere il numero sufficiente di persone giuste". Riflettete, gente, riflettete.

Come possiamo accaparrarci e tenerci stretti i talenti giusti? Forse, permettendo ai lavoratori di vivere e lavorare dove vogliono. La possibilità di aprire il proprio computer portatile in un ambiente diverso invece che dover tornare tutti i santi giorni alla propria postazione di lavoro fissa non è più fantascienza, anzi, sta per diventare la normalità. Se le aziende vogliono avere accesso alle sezioni più ricche del pool di talenti, devono mettersi nella testa che devono offrire delle alternative. Negli ultimi cinque anni abbiamo assistito a due profondi cambiamenti nel design del posto di lavoro: la nascita di un lavoro agile basato sulle attività e il più recente fenomeno del co-working. L’importanza di queste due rivoluzioni può crescere ulteriormente negli anni a venire. Perché? Be’, perché possono essere usate per accaparrarsi e tenersi stretti i migliori talenti al di là dei confini.


 

Matthew Gwyther è l’ex editor di Management Today, nonché il presentatore del programma radiofonico In Business di BBC Radio 4

Fonti:

(1) https://www.inc.com/magazine/201502/adam-bluestein/the-most-entrepreneurial-group-in-america-wasnt-born-in-america.html

(2) https://www.pagepersonnel.co.uk/our-expertise/finance-recruitment/flexible-working-key-retaining-talent